Un posto vuoto che parla a tutti: a Comiso una panchina simbolo contro la violenza sulle donne

Un posto vuoto, visibile, quotidiano. A Comiso è stata installata una panchina simbolica contro la violenza sulle donne, un segno semplice ma potente che richiama l’assenza lasciata da chi non c’è più a causa della violenza di genere. Non un monumento celebrativo, ma un oggetto urbano che invita alla riflessione, alla memoria e alla responsabilità collettiva.
La panchina è stata collocata nella piazzetta di via Gramsci, di fronte all’ex cinema Diana, lungo via San Biagio, in uno spazio attraversato ogni giorno da cittadini di tutte le età. Proprio questa collocazione rafforza il senso dell’iniziativa: la violenza contro le donne non è un tema da confinare a momenti simbolici o ricorrenze, ma una realtà che riguarda la vita quotidiana delle comunità.
La panchina è stata realizzata e dipinta dagli ospiti di Villa Margherita, che l’hanno arricchita con frasi e messaggi capaci di parlare direttamente alle coscienze. È stata poi donata al Centro antiviolenza di Comiso, diventando un simbolo condiviso, nato dal coinvolgimento diretto di chi vive e lavora quotidianamente nel campo del disagio e della fragilità.
Il valore dell’opera non sta solo nel colore o nella sua funzione simbolica, ma nel percorso che l’ha resa possibile. È il risultato di una rete che ha coinvolto realtà sociali, educative e associative, dimostrando come la prevenzione della violenza passi anche dalla partecipazione e dalla costruzione di significati comuni.
Negli ultimi mesi Comiso ha ospitato diversi momenti di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, con un’attenzione particolare al coinvolgimento delle scuole. L’educazione delle nuove generazioni resta uno degli strumenti più importanti per contrastare un fenomeno che affonda le radici in modelli culturali distorti e ancora difficili da sradicare.
La panchina diventa così anche uno spazio simbolico di sosta e riflessione, un luogo fisico dove fermarsi, leggere, pensare. Un invito silenzioso a non voltarsi dall’altra parte, a riconoscere la portata di una tragedia che continua a ripetersi e che non può essere affrontata solo con interventi emergenziali.
In un’epoca in cui il rischio più grande è l’assuefazione alle notizie di cronaca, la panchina rappresenta un gesto concreto contro l’indifferenza. Non grida, non accusa, ma mostra un’assenza. E proprio per questo riesce a parlare a tutti.
È un simbolo che non chiude il discorso, ma lo apre. Un richiamo permanente alla necessità di vigilare, di ascoltare, di sostenere chi subisce violenza e di costruire comunità più consapevoli e responsabili.
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