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Acate, una storia della Sicilia Pirandelliana: quella stazione ferroviaria "morta prima di nascere"

Nuovo Sud Icona orologio quasi 3 anni fa
Acate, una storia della Sicilia Pirandelliana: quella stazione ferroviaria "morta prima di nascere"

L’ultimo decennio del diciannovesimo secolo vedeva sorgere anche in Sicilia le prime strade ferrate. “I cavalli di ferro” finalmente avrebbero sostituito le carrozze e i carri trainati da asini, muli e ronzini, collegando più rapidamente paesi e città e favorendo gli spostamenti di persone e merci. Il tracciato del tronco di linea Terranova (l’antico nome di Gela) – Comiso, lungo circa 37,5 km, comprendeva anche la stazione di Biscari, ma essa incredibilmente non sorse nel centro abitato, come prevedeva il primo progetto, bensì a 8 km di distanza. Nella seduta del Consiglio comunale del 18 dicembre 1899 il sindaco di Biscari, Giacomo Albani, riferendosi alle assurde decisioni adottate dal Governo nazionale in merito alla linea ferroviaria aperta sei anni prima, menzionava le tante manifestazioni popolari di dissenso per quella scelta scriteriata, che sicuramente frenò lo sviluppo della comunità, e tornava a chiedere la modifica della linea. Tutti i governi che si succedettero ignorarono la richiesta, probabilmente per mancanza di “Santi Protettori”, giacché quello riconosciuto, San Vincenzo Martire, si è sempre interessato a un altro genere di “grazie”.
Anche questa storia ha una “vulgata”, secondo la quale sarebbero stati proprio gli amministratori del tempo, sulla spinta delle invocazioni delle famiglie che temevano per l’incolumità dei figli (giocando - asserivano - prima o poi qualche bambino sarebbe finito sotto una locomotiva), a impedire che la stazione sorgesse nel centro abitato, ma la ragione del distanziamento della stazione fu un’altra.
Come scrive Piero Occhipinti in “Biscari Primo ‘900”, le pressioni superiori dei latifondisti e “papaveri” che avevano enormi interessi economici nella valle del fiume Dirillo, dove possedevano enormi proprietà agricole, ebbero la meglio sulle giuste rivendicazioni di un popolo che faticosamente si avviava sulla strada del progresso.
E malgrado la “ragion di Stato” li avesse scippati di una grande opportunità, i “biscarani” non rinunciarono a far sentire ugualmente la propria voce. “Se sono state favorite persone altolocate, senza tenere conto degli interessi morali ed economici di una cittadinanza – si poteva leggere nella delibera consiliare del 18 dicembre 1899 – almeno la linea secondaria (il cosiddetto “trenino”) passi da Biscari. I nostri prodotti agricoli non possono esportarsi per mancanza di comunicazioni…con poche migliaia di lire si sarebbero potuti appagare i legittimi desideri…prima non riconosciuti dal Real Governo e poscia, per forze occulte, misconosciuti”.
Invano. Biscari fu esclusa anche dalla Ferrovia Secondaria Siracusa-Ragusa-Vizzini, “u trenu ri Cicciu Piecura” com’era chiamato, benché la SAFS (Società Anonima per le Ferrovie Secondarie della Sicilia) avesse chiesto anche la concessione della linea Vittoria-Biscari-Vizzini. “Progetti megalomani che non ebbero mai seguito – li ha definiti Giovanni Di Quattro, che ha dedicato un libro all’argomento –. La SAFS riuscì a malapena a costruire e gestire la sola linea Siracusa- Ragusa – Vizzini. L’ultimo treno giunse alla stazione di Siracusa alle 9,30 del 30 giugno 1956”.
Biscari, poi Acate dal 1938, si dovette, dunque, rassegnare a servirsi di una struttura poco comoda, perché lontana dal centro abitato, ma comunque utilizzata (specialmente quando non tutti possedevano un’automobile) per raggiungere, prima con la mitica Littorina diesel, in seguito con locomotive più moderne, i centri della provincia di Caltanissetta e Agrigento.
Posta sulla linea Caltanissetta Xirbi-Gela-Siracusa, nell’ottobre del 2013, in seguito all’eliminazione del binario d’incrocio e del tronchino secondario, la stazione è stata declassata a semplice fermata. In pratica è una stazione “impresenziata”. Con l’attivazione del Controllo Traffico centralizzato tutte le operazioni tecniche sono svolte, infatti, da un unico Posto operativo senza l’ausilio della presenza del personale in loco. Perfino gli avvisi ai viaggiatori in stazione mediante messaggi registrati sono comandati a distanza. Così è morta la stazione, “mai nata veramente".
Emanuele Ferrera

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